domenica 30 dicembre 2012

Tokyo


Stazione di Hongo Sanchome.
Il posto sconosciuto ci accoglie con pioggia scura e potente che attraversa strati addosso e montagne di vestiti chiuse nello zaino a spalla.
In una situazione normale ci metteremmo dieci minuti a camminare tra l'uscita della metropolitana e l'ingresso del ryokan prenotato. Adesso potremmo metterci un'eternità.
Con piccoli balzi passiamo da una tettoia sotto l'altra senza tregua né spazio fra le striscie d'acqua che ci disegnano addosso freddi ruscelli di rassegnazione.
In un tempo indefinito arriviamo ad aprire la porta accolti da sorrisi, asciugamani, movimenti plateali di ginocchia e inchini che portano più e più asciugamani. Chiusa la porta il freddo rimane intrappolato nell'ambiente, via le scarpe attorno ai calzini leggeri, rimpiazzati da pantofole scomode di finta pelle, senza destra né sinistra. Seduti ci guardiamo attorno chiedendoci dove il tepore sia finito e riempiamo le carte necessarie al nostro pernottare al contorno di sorrisi.
Ci spiegano le misure da prendere per tenere il riscaldamento acceso, possibilmente non quello a fiamma, che c'è ma è meglio di no nell'edificio in struttura di pino, pavimenti in tatami, che è paglia pressata con contorni adornati a fantasia e mura in carta di riso.
Optiamo quindi per l'aria condizionata e ci teniamo lontani dai guai.
Nudi, I panni a stendere, coccole e attorno al té sul tavolino laggiù in basso, ginocchia piegate e talloni sotto le natiche.
La prima doccia giapponese è nel bagno in comune per nove persone, privo di gente. Il freddo perseguita nello spogliatoio ed oltre la porta a vetro un denso calore nuvoloso si accumula sulla pelle striata del poco sonno accumulato.
Improvviso, timido, immaginando che dovrei sedermi laggiù sul panchetto di legno per lavarmi prima di entrare nella vasca calda che brucia lasciando segni e subito esco riaffrontando il freddo.
In stanza mostro la differenza di dove ero immerso con quello lasciato fuori che è fatto di un rosso punteggiato contro un pallido rosa del mio solito colore.
Ci chiedono se vogliamo preparare la stanza per la notte ed usciamo a mangiare in cerca di un ristorante.
Camminiamo nella città deserta per un po' e ci chiudiamo nel posto che ha più clienti e meno fotografie dei piatti o miniature esposte, che per noi significa buono.




Siamo giù nell'angolo in fondo sul palco rialzato con gambe raccolte sotto il tavolo basso cercando di caprire se i kanji possano aiutare a sfamarci. Attoniti e arresi ci mettiamo nelle mani dei sorrisi della signora che porta uno dietro l'altro piatti sconosciuti ricchi e gustosi di compagnia al té caldo mentre birra ghiacchiata servita in bicchieri conservati in freezer scorre a fiumi lungo il bancone che osserva la cucina. 
Ad ogni boccone ci rilassiamo sempre più col sospetto però che potrebbe essere una cena molto cara.
Che non è.






Paghiamo attorno i ¥4000 felici e contenti ed usciamo cercando di capire dove siamo stati, ma i kanji sull'insegna rimangono tali e muti e ci ripromettiamo di scoprirlo una volta a casa in Europa.

La quieta città di poche macchine e persone ci accompagna verso il nostro giaciglio. Una sosta in libreria prima di rientrare, per aumentare la stanchezza e la stanza ha cambiato forma: al posto del tavolino del té, adesso all'angolo, due piumoni stesi a terra sul basso futon ritroviamo il sonno lasciato addietro due notti fa.




Referenze
Il ryocan:
Homeican Ryocan, nella zona di Bunkyo.
日本
113-0033 東京都文京区本郷5丁目10−5
Latitudine: 35.711165 (35° 42' 40.19'' N)
Longitudine: 139.756242 (139° 45' 22.47'' E)

Il ristorante:
Tōkyō-to, Bunkyō-ku, Hongō, 4丁目25 猪尾ビル
sulla strada Hakusan Dori.
Latitudine 35.711010 (35° 42' 39.64'' N)
Longitudine 139.753109 (139° 45' 11.19'' E)

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